Molfetta, 23 agosto 2014

Il Porto di Molfetta fatto a pezzi

Legambiente: «Serve una visione organica dell’area portuale di Molfetta».

Finora progetti-spot e interventi scollegati tra loro.

 

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Il nuovo Porto di Molfetta – c’è stato ripetuto fino allo sfinimento – è la terza opera marittima oggi in costruzione in Italia; una ‘Grande Opera’ dunque. E i benefici di una grande opera, per definizione, vanno misurati su una scala diversa da quella meramente locale. A livello locale, semmai, vanno misurati i danni e messe in atto misure atte a compensarli, a lenire i castighi inflitti alla popolazione locale.

Il nostro Porto – si sa – è di interesse regionale. Quali sarebbero allora i benefici che ci si attende a quella scala dal nuovo Porto? In questi anni nessuno si è mai preoccupato di farceli conoscere.
Dalla Regione hanno taciuto perché il Porto non è mai rientrato in una programmazione strategica. Dalla passata Amministrazione Comunale c’è toccato ascoltare che intanto si faceva l’opera e poi lo sviluppo ne sarebbe conseguito.

Quali siano i danni al paesaggio e all’ecosistema l’abbiamo visto (anche non considerando le bombe), ma non abbiamo visto porre in atto nessuna misura compensativa. Anzi abbiamo assistito negli anni scorsi al sistematico disinteresse nei confronti delle prescrizioni contenute nella valutazione di impatto ambientale ministeriale, in cui fra le tante cose, oltre ai probabili danni al paesaggio inferti dall’opera, si segnalava la presenza del posidonieto, oggi assai sofferente proprio in conseguenza dei lavori finora eseguiti.

Adesso è impensabile politicamente l’ammettere che per più di dieci anni si è perseguita una strada sbagliata che ha fatto letteralmente buttare a mare centinaia di milioni di euro, si fa quel che si può a prescindere dall’effettiva utilità. Le bombe sono diventate un utile alibi, una cortina di fumo che consente di far finta che non ci sia un punto interrogativo sul senso di quell’opera.

Così, se da una parte Legambiente continua da anni a sostenere che è indispensabile una visione d’insieme di tutto il fronte-mare – concetto talmente banale che sembra incredibile doverlo riaffermare – e che in ragione del valori storici e paesaggistici dell’area sarebbe necessario un concorso di idee per trovare la giusta ricetta che consenta di (ri)progettare questa parte della nostra città, dall’altra parte si continuano a concepire piccoli e grandi interventi di trasformazione dell’area portuale la cui coerenza non sembra interessare a nessuno.

Nelle settimane scorse sono stati approvati i progetti esecutivi per la riqualificazione di Via Dante, Banchina Seminario e Banchina San Domenico nell’ambito di un piano d’intervento finanziato con fondi Expo 2015, per un importo complessivo pari a 5 milioni di euro e parallelamente è stata avviata la fase di progettazione esecutiva di due interventi pubblici, uno relativo a Banchina San Domenico (di nuovo) ed un altro relativo al Porto Vecchio. Si tratta di progetti che interessano luoghi-simbolo della città. Ed è interessante notare come nel più recente progetto di Banchina San Domenico si preveda di riqualificare l’area pedonale detta “il Salvagente” sulla base di un progetto volontario (cioè redatto gratuitamente) acquisito nei mesi scorsi ed il cui successivo sviluppo è stato affidato (stavolta dietro compenso) allo stesso progettista autore della prima proposta, mentre degli obiettivi dell’intervento relativo al Porto Vecchio non si sa granché.

Deliberata anche la liquidazione delle parcelle del progetto esecutivo del Centro Servizi del Porto Nuovo che riguarda un pezzetto di quella ‘Grande Opera’ i cui contorni e le cui prospettive appaiono ancora tutt’altro che chiare.

E sembra sia finalmente prossimo alla partenza (ma in questo caso il condizionale è d’obbligo) un importante intervento di ristrutturazione urbanistica: il PIRP del Rione Madonna dei Martiri, il programma di rigenerazione che nelle intenzioni vorrebbe eliminare i fattori che lasciano questo quartiere ai margini della struttura urbana e sociale molfettese, ma che è divenuto inefficace dopo essere stato ‘mutilato’ in seguito ad una pesante variante approvata l’anno scorso.

Tutti questi progetti, che pure insistono su un’area i cui delicati equilibri andrebbero considerati come un tutt’uno, risultano slegati tra di loro. Inoltre fino a questo momento si tratta di iniziative che non sono state pubblicizzate né ‘socializzate’ alla cittadinanza secondo le forme che, pure, sono state adottate e giustamente rivendicate per altri luoghi, luoghi che però sono senz’altro meno significativi del Porto.

Siamo di fronte, insomma, a una questione di fondo: l’assenza di una visione di sviluppo integrato dell’area portuale. E, a dirla tutta, non ha granché senso coinvolgere i cittadini per progetti marginali mentre si rinuncia al coinvolgimento quando si tratta di definire scelte importanti e strategiche.

 

Circolo Legambiente di Molfetta