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In questi giorni, per i noti fatti legati a presunti illeciti commessi dal dirigente dell’Ufficio Tecnico del comune di Molfetta, la gestione del territorio è divenuta di grande attualità e sta risvegliando un interesse che sembrava sopito nella cittadinanza.
Al fine di fornire un contributo informativo, diretto a dissipare voci circolate in merito ad una intervenuta definizione del giudizio pendente dinanzi al T.S.A.P. sul Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico, approvato dall’A.d.B. della Puglia lo nell’aprile 2009, Legambiente, intervenuta nel processo a sostegno dell’Autorità di Bacino, contro il Comune di Molfetta, intende comunicare lo stato della procedura.
Come è noto, essendo fallito il tentativo di pervenire ad una composizione bonaria della vertenza, attivato dal Consigliere delegato all’istruttoria della causa, con la convocazione di un Tavolo Tecnico ed essendo evidente l’estrema complessità e tecnicità delle argomentazioni in campo, è stato nominato quale C.T.U., il prof. Ing. Maurizio Giugni, a cui, con 12 diversi quesiti, è stato chiesto di pronunciarsi sulla correttezza dell’operato dell’A.d.B., sulla fondatezza delle obiezioni poste dai tecnici incaricati dal Comune di Molfetta e, infine, sugli effetti della perimetrazione approvata dall’A.d.B. sui vigenti strumenti urbanistici comunali.
La relazione del C.T.U. è stata depositata in data 25.5.2011, con qualche settimana di ritardo rispetto al termine assegnato e per tale motivo all’udienza del 22.6.2011 è stato necessario fissare una nuova udienza per consentire alle parti di formulare le loro deduzioni rispetto alla perizia.
Sul piano processuale, dunque, l’attività ancora da svolgere si articola nel modo seguente: deposito delle controdeduzioni da parte dei Consulenti Tecnici di parte; udienza per la precisazione delle conclusioni, fissata il prossimo 9.11.2011; predisposizione delle memorie conclusionali e, infine, discussione dinanzi al Collegio, fissata per il giorno 25 gennaio 2012; dopodiché la causa verrà decisa.
Quanto al contenuto della relazione peritale, a specifica domanda del G.I., il consulente rileva: “Con riferimento alle indagini condotte dall’Autorità di Bacino della Puglia, il sottoscritto C.T.U. rileva anzitutto la notevole accuratezza con cui l’A.d.B. ha proceduto all’analisi morfologica del territorio in esame”; (…) “L’approccio impiegato, costituito da un modello ideologico a parametri concentrati ed un modello idraulico e di esondazione a parametri distribuiti, è in pratica analogo a quello utilizzato dal CTU: si tratta di approccio consolidato e largamente condiviso nella pratica ingegneristica”.
In riferimento alla relazione peritale dell’Amministrazione comunale, il CTU afferma: “In conclusione, pur apprezzando notevolmente sotto l’aspetto della modellazione fisico-matematica l’approccio proposto nella CTP dell’Amministrazione comunale di Molfetta, il sottoscritto CTU ne ritiene i risultati caratterizzati da una ancora non sufficiente carica di attendibilità”.
In sostanza, il Consulente ha ritenuto di non condividere né la metodologia, né le conclusioni alle quali è pervenuta l’Amministrazione.
Ciononostante, ha ritenuto prudenziale l’approccio dell’A.d.B. sotto uno specifico profilo: quello del parametro AMCIII, sostituito dallAMCII, ritenendo poco probabile che un evento di particolare intensità venga preceduto da un lungo periodo di pioggia quasi continuo, come supposto dall’Autorità. Il che produrrebbe, come risultato pratico, un più ristretto allagamento delle zone inondabili, ma non inciderebbe sulle situazioni di alta e media pericolosità che determinano l’inedificabilità delle aree più a rischio .
In ogni caso, ciò che è emerso senza ombra di dubbio dalla relazione del CTU, è la conferma del reticolo idrografico indicato dall’A.d.B. e dunque il numero di lame (13 in totale) che attraversa il territorio molfettese, dato in precedenza contestato dal Comune che aveva persino ridicolizzato tale risultato, parlando di “lago Michigan”, la nuova Venezia e simili; l’elevata urbanizzazione del territorio; la cattiva urbanizzazione ed infrastrutturazione che in molti casi accentua il pericolo naturale (rispetto ad alcune situazioni critiche, lo studio del CTU è persino più allarmato di quello dell’A.d.B).
A fronte di tali conclusioni non può certo sostenersi che la perizia sia favorevole al Comune, individuando una molteplicità di situazioni di allarme ambientale e di rischio per l’incolumità delle persone e delle cose, ponendo altresì un obbligo di elevata cautela nell’uso del territorio.
Ciò detto, il giudizio non è affatto definito in senso favorevole o sfavorevole a nessuna delle parti in causa: i tecnici di parte e i difensori devono ancora prospettare le loro difese e alla fine sarà il TSAP a decidere se la delibera n. 11/2009 dell’A.d.B. dovrà essere confermata o modificata.
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da "Villaggio globale"
Il rischio idrogeologico a Molfetta, questo il titolo assegnato alla manifestazione organizzata l’8 febbraio c.a. presso la Fabbrica di San Domenico, dall’associazione Ambientalista Legambiente_circolo di Molfetta. La manifestazione avrebbe dovuto vedere contrapposte due realtà, entrambe con grandi poteri di gestione del territorio. Dico avrebbe dovuto, perché a differenza di quanto fatto dall’Autorità di Bacino, che si è solo concessa qualche minuto di ritardo, l’Amministrazione comunale ha disertato l’incontro. Ad aprire il convegno il Presidente del circolo Legambiente, Antonello Mastantuoni, che ha illustrato in maniera diffusa, mosso da motivazione principalmente di natura di tutela del territorio, la situazione in cui versa Molfetta. Ma guardiamo la questione in maniera specifica partendo proprio dalle caratteristiche proprie del territorio molfettese. Molfetta, nasce in un area dove affiorano Calcari riferibili complessivamente al Cretaceo, su di essi a luoghi poggiano in trasgressione calcari arenacei, arenaceo-argillosi o detritici grossolani più o meno ben cementati (i “Tufi delle Murge), riferibili questi al Pleistocene marino. Come formazioni continentali abbiamo invece la presenza diffusa di Depositi alluvionali rappresentati da depositi ciottolosi e terrosi rinvenienti sul fondo di solchi erosivi e derivanti dalla disgregazione e dilavamento dei Calcari e dei Tufi delle Murge. Morfologicamente l’area corrisponde a una parte del versante adriatico del rilievo murgiano, rilievo questo che mostra a tratti il suo tipico aspetto tabulare allungato parallelamente lungo la costa, con altitudini degradanti verso mare a mezzo di scarpate poste ad altezze via via meno alte. Ma ecco la caratteristica morfologica tipica di un ambiente carsico: le lame. Cosa sono questi soggetti di cui tutti parlano? Bene, le lame sono dei solchi erosivi che incidono scarpate e che partendo da altitudini maggiori, si protraggono fino al mare e possono essere ad asse semplice o ramificato, in base all’importanza del bacino imbrifero. I solchi hanno generalmente fondo piatto, coperto da depositi alluvionali e presentano fianchi mediamente inclinati. Generalmente questi solchi sono asciutti durante tutto l’anno, ma rappresentando il deflusso privilegiato delle acque a mare, in occasione di copiose precipitazioni, si riempiono d’acqua anche solo per brevi periodi. E partendo da questa situazione di conoscenza generale, si inserisce la vicenda che vede coinvolto il territorio di Molfetta, dove si parla di rischio
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Molfetta, 14 gennaio 2010
Nella conferenza stampa che si è tenuta a Palazzo di città lunedì 11 gennaio il sindaco di Molfetta, il vicesindaco, l’assessore alle attività produttive e il capo dell’Ufficio tecnico hanno annunciato alla città tutta la prossima realizzazione di un’opera che porrebbe fine a ogni rischio idraulico in tutta la zona ASI, in tutta la zona artigianale (in particolar modo le aree di prossima realizzazione e già oggetto di lottizzazione e assegnazione), nel quartiere della Madonna dei Martiri e in tutta l’area portuale. L’opera consisterebbe in un canalone lungo circa 600 metri, alto 3 e profondo altrettanto che riuscirebbe a intercettare un’eventuale piena a monte del sistema di lame a ponente della città per convogliarla nella dolina di Gurgo distante un centinaio di metri dal Pulo.Scopo dichiarato della conferenza è stato quello di tranquillizzare padroni dei suoli, assegnatari dei lotti e costruttori: il PIP3 e le due torri da ottanta metri si faranno lì dove previsto, lo sviluppo della città non si fermerà, la richiesta di lotti da parte di più cento aziende, ha assicurato l’assessore Palmiotti, sarà soddisfatta e la disoccupazione sparirà dalla nostra città. Eppure ci sono molte cose che non tornano in questo trionfalistico ottimismo.L’Amministrazione comunale, nonostante abbia deciso di realizzare quest’opera, continuerà nella sua azione legale presso il Tribunale superiore delle Acque in opposizione al Piano per l’Assetto Idrogeologico recentemente approvato dall’Autorità di Bacino. A chi durante la conferenza stampa faceva notare la contraddizione (se si fa l’opera si accetta l’esistenza del rischio idrogeologico e allora l’Autorità ha ragione) il vicesindaco Uva ha risposto che l’opposizione al PAI si basa su ragione tecniche relative a tutto il Piano mentre l’opera eviterebbe il rischio solo in una parte del territorio interessato. Resta il fatto che i molfettesi assisteranno o allo spreco di denaro pubblico in un’opera non solo inutile ma anche di forte impatto ambientale e di onerosa manutenzione oppure, visto che il PAI evidenzia i rischi maggiori in aree fortemente abitate, all’anteposizione di interessi economici di pochi alla sicurezza di molti, all’incomprensibile scelta di attenuare un rischio che ancora non ci sarebbe, perché il PIP3,l’area maggiormente interessata, esiste solo sulla carta, a un rischio che invece sarebbe concreto e attuale.Realizzare il canalone non sarà semplice come si è voluto far intendere durante la conferenza stampa: la dolina Gurgo è infatti, secondo il Piano Regolatore, un’area protetta, il che escluderebbe la possibilità di realizzare qualunque cosa.In ogni caso l’opera dovrà essere assoggettata a VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e in quella sede non potrà non emergere l’importanza paesistica, ambientale e archeologica del sito, senza dire che data la natura carsica del nostro territorio e la localizzazione del Pulo rispetto a Gurgo (poco più di cento metri a valle) sarà difficile dimostrare che un’eventuale piena non rischi di arrecare danni alla dolina da poco riaperta, con grande fatica, al pubblico e per la quale è stata recentemente avviata la procedura perché sia inserita tra i Siti di Interesse Comunitario.
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