Da Repubblica Bari, 26 settembre 2001

La regione esclusa due anni fa dalla bonifica

Tiziana Ragno
 

Undici zone di rilascio al largo delle coste pugliesi. La mappa diffusa dalla Capitaneria di Porto di Molfetta durante il conflitto in Kosovo, parla chiaro: due anni fa i caccia della Nato sganciarono ordigni inesplosi nel basso Adriatico in undici aree, due delle quali a 12 miglia dalla costa. Quella mappa subì, qualche mese dopo la fine della guerra, il disconoscimento dell' unità di crisi italiana che si occupava della vicenda bombe. «Circa la mappa del basso Adriatico indicante 11 siti di "probabile rilascio"~ i rappresentanti del Comando Generale delle Capitanerie di Porto e del Ministero della Difesa non ne hanno riconosciuto l' attendibilità». Ma è difficile credere che allora la mappa non sia stata sconfessata proprio per prevenire possibili rivendicazioni. Quella mappa, redatta sulla base delle indicazioni fornite dalle autorità militari, avrebbe legittimato la richiesta di una bonifica del basso Adriatico. Disconoscerla ha significato "legittimare" una bonifica mai avvenuta. Le operazioni di sminamento condotte dalla Marina militare e dalla Nato, si sono fermate al di là del Gargano, escludendo la costa pugliese a sud di Manfredonia. Il fermo bellico disposto dal governo nel ' 99 fu imposto anche ai pescatori pugliesi, e, ora che la bonifica del basso Adriatico non è ancora stata realizzata, ci chiediamo perché due anni fa sia stato ordinato alle nostre marinerie la sospensione delle attività: un intervento indispensabile, si diceva allora, per il recupero degli ordigni. Ma in Puglia il fermo bellico ha garantito, peraltro con un anno di ritardo, solo gli indennizzi agli operatori. Un tardivo rimborso spese, insomma: il contentino fatto apposta per tacitare gli animi. Di misure di sicurezza e prevenzione degli incidenti sul lavoro, neanche a parlarne. "Continueremo comunque a pescare bombe", ci disse all' epoca un pescatore, profeta suo malgrado. Di contro alla rassegnazione dei pescatori, le autorità militari ostentavano sin d' allora il successo delle prime operazioni di bonifica: «La bonifica, operata con estremo puntiglio e professionalità~ ha ristabilito e migliorato le condizioni di sicurezza dell' Adriatico» (fonte: Stato Maggiore della Marina). Ancora, dai documenti ufficiali si apprendeva che le aree designate per il rilascio del carico bellico fossero sei in tutto l' Adriatico (mentre la sola mappa redatta a Molfetta, ne segnalava undici) e che le zone dove erano stati "effettivamente affondati ordigni" fossero state "tutte indagate" con le prime operazioni di bonifica. Ma accade spesso che i dati ufficiali siano smentiti dalla realtà: molti i ritrovamenti accidentali di bombe finite nelle reti dei pescatori anche dopo la bonifica, mentre sempre l' Icram dichiarava già nel ' 99 l' eventualità che, a operazioni concluse, fosse "rimasto sui fondali adriatici un numero rilevante, probabilmente dell' ordine delle migliaia, di ordigni dispersi". La portata di queste dichiarazioni fu tale da indurre il governo ad avviare una nuova fase di bonifica qualche mese più tardi (gennaio 2000). Ma sull' attendibilità della mappa con le zone di rilascio nei mari di Puglia pendeva ancora l' invalicabile veto della Nato, e così le autorità decisero che, di nuovo, la nostra regione potesse attendere. Niente bonifica da queste parti. Almeno per il momento. "Via le bombe da un mare di pace" è una campagna che Legambiente, ora più che mai, sotto gli insistenti venti di guerra, ha lanciato con forza in tutta la Puglia. Per la bonifica dei fondali del basso Adriatico. E per i pescatori, che da cinquant' anni raccolgono bombe. Un politico una volta disse: "La vera bonifica, si sa, la fanno loro". Purtroppo. 

 

La mappa delle jettison areas del basso adriatico